
Lo sport è un grande strumento di crescita, perché ci mette di fronte alle nostre debolezze, limiti, paure, in poche parole ci fa da specchio. Le paure che qualunque sportivo agonista è costretto ad affrontare sono molteplici: quella di cadere, per esempio nello sci o nel pattinaggio, la paura di sbagliare il match point nel tennis o il rigore nel calcio, la paura di non essere all’altezza e non meritare la convocazione alla partita di basket, quella di vincere, e anche quella di deludere le aspettative dei tifosi.
Molto spesso la paura si impossessa della mente di giovani atleti, con il rischio di incidere pesantemente sulla prestazione e compromettere carriere sportive a tutti i livelli. «L’intensità della paura può diventare talmente elevata da renderla paralizzante: vivendo questa emozione come negativa, l’atleta si sente penalizzato e ostacolato nel suo percorso. Se non provassimo paura durante una gara vorrebbe dire che non ci teniamo abbastanza. Non è un’emozione che si può eliminare, non è negativa, è indispensabile per la sopravvivenza.
L’obiettivo allora è quello di “attraversare” la paura, riconoscerla, accettarla con un percorso che porta alla consapevolezza dei motivi che la scatenano». sottolinea Elena Uberti, ex tennista professionista. Il messaggio che Elena ci vuole lasciare è che è normale provare diverse tipologie di paura durante una qualsiasi competizione a cui teniamo, ma bisogna cercare di capirle ed affrontarle in modo da trasformare una energia apparentemente negativa in positiva.
Le più frequenti paure e ansie che si verificano durante una competizione sono: la paura di vincere, la paura di perdere, la paura del giudizio, l’ansia da prestazione, l’aggressività eccessiva, la non presenza, il disorientamento, la confusione, la scarsa fiducia, il pessimismo, la rassegnazione, l’intolleranza, l’ impazienza, la superficialità, l’indecisione, l’autolesionismo, il bisogno di riconoscimento, l’insicurezza, e la paura di perdere il controllo.
C’è una forma di paura che mi infastidisce particolarmente ed è quella di deludere gli altri. Molto spesso nel mio caso questi ‘’altri’’ sono i genitori, tale paura è legata ai consigli e alle critiche che i giovani ricevono da mamma o papà. È molto comune non solo nello sport ma anche nella vita di molti ragazzi che dopo una vittoria o un bel voto si senta spesso il genitore rivolgersi al figlio dicendo “Sono davvero orgoglioso di te’’. A prima vista sembra una bella cosa, ma il figlio può pensare che il proprio genitore lo ami solo perché ha sostenuto una bella performance, cosa succederà quando sbaglierà?