
Quando sentiamo parlare di scienza, ci balzano all’occhio i successi della ricerca, pensiamo al recente successo della missione di space X o quelli della ricerca sul bosone di Higgs.
In realtà, il mondo della ricerca è costellato di fallimenti, chiunque abbia fatto ricerca ricorda certamente quel singolo esperimento che lo ha portato al successo, ma sicuramente ricorda vividamente anche i migliaia di tentativi falliti che hanno portato a quel successo. Fare scienza, come scrive Carlo Rovelli “è una successione di delusioni, idee sbagliate, esperimenti che non riescono, conti che non tornano.
Di tanto in tanto punteggiata da momenti di gioia.” Insomma la paura, anche se gli addetti ai lavori sono riluttanti nel farlo vedere, è una realtà ben presente nel mondo della ricerca. Tuttavia, la paura è ostacolo al progresso, com’è quindi sostenibile la ricerca in questo contesto?
La genuina voglia di sapere, la curiosità permettono alla scienza di superare la paura di contraddire se stessa. La curiosità è quel motore che spinge la scienza talvolta a superare le sue stesse teorie ritenute giuste per anni.
Il momento in cui la scienza cede alla paura di smentirsi è il momento in cui la ricerca è destinata a fallire; il bravo ricercatore è colui che, trovata una strada promettente, la segue fino alla fine, anche oltre la paura che quella strada possa smuovere le fondamenta della scienza stessa. Se Einstein avesse avuto paura di contraddire Galileo, oggi non avremmo la relatività e se Bohr avesse avuto paura di contraddire la fisica classica, oggi non avremo la fisica quantica.